“Bad as I wanna be. La mia filosofia”, una storia autobiografica inedita per l’Italia e che, stando alle premesse, avrebbe dovuto dare a noi italiani un autoritratto non conosciuto di uno dei personaggi con la P maiuscola che il mondo del basket NBA ha saputo darci: Dennis Rodman.
L’opportunità di avere un nuovo dipinto tra le mani è stata la ragione per cui ho voluto prenderlo ma, nonostante i grandi manifesti su quello che avrei letto, le aspettative non sono state rispettate al 100%.
“Bad as I wanna be” è sì un libro piacevole da leggere, ma se si pensa di conoscere un lato nuovo dell’ex campione di Pistons, Spurs e Bulls beh, ci si sbaglia di grosso.
Il libro pubblicato da Magazzini Salani mostra soltanto una parte della vita del rimbalzista statunitense, quella che va dalla vita difficile nel quartiere popolare di Dallas: Oak Cliff, a Chicago nella sua esperienza coi Bulls, passando per la vita da senzatetto quando non sapeva che cosa fare della sua esistenza e da studente senza successo al college prima che la NBA lo salvasse dal rischio di un futuro tutt’altro che rose.
Tanti i temi che Dennis affronta e che sono il punto forte di questo libro: il suo rapporto con i piercing e il suo aspetto estroverso che, però, non hanno rappresentato – almeno a mio parere – la parte più interessante, l’omofobia e soprattutto il razzismo in un Paese, quello statunitense, dove al tempo (anni Ottanta e Novanta) faceva sentire in maniera forte e potente il divario tra persone bianche e quelle di colore, il problema legato alla lega NBA che lo ha più volte tenuto da parte in favore di personaggi che – a detta di Dennis – ben sposavano la filosofia di chi era al potere, la questione sesso e HIV, con chiaro riferimento a Magic Johnson, problema sottovalutato o meglio non valutato dai suoi stessi colleghi a cui ha riservato stoccate non indifferenti.ù
E poi, per la gioia degli amanti del gossip, il primo matrimonio fallito con Annie Bakes e le problematiche di un padre a cui non era consentito di vedere la figlia Alexis, e soprattutto la relazione con Madonna, toccato in maniera molto piccante nel loro intimo e ritenuta “la distrazione” da parte dei general manager dei San Antonio Spurs, gli stessi – a detta di Rodman – che sotto sotto amavano che fosse sugli spalti per riempire i palazzetti.
Se questi sono i punti forti, alcune assenze hanno fatto rivalutare la mia considerazione su questo libro dell’ex campione del campionato di basket più importante al mondo.
La prima tocca il triennio 1996-1998 con i Chicago Bulls, a cui sì è riservato l’ultimo capitolo del libro ma, sfortunatamente, troppo poco e in maniera quasi forzata e disinteressata; la seconda il secondo matrimonio con Michelle Moyer (2003-2012) da cui sono nati due figli: Dennis Jr e Trinity, con quest’ultima calciatrice della nazionale statunitense e vincitrice del campionato NWSL con i Washington Spirit nel 2022; la terza – e sono convinto che anche voi ve lo sareste aspettato – riguarda l’amicizia con il dittatore nordcoreano Kim Jong-un.
Tre tasselli assenti da questo mosaico che avrebbero potuto dare un libro notevolmente più interessante e che avrebbero, almeno secondo la mia modesta opinione, potuto evitare un susseguirsi di pensieri ridondanti all’intero del libro. Tradotto: un’occasione mancata.
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